“Gli occhi sono lo specchio dell’anima”

È una frase semplice ma che, a mio parere, riassume benissimo ciò che due occhi possono comunicarci. Gli occhi ci permettono di vedere, ma sono molto più di semplici organi sensoriali. Noi abbiamo bisogno di sguardi. Abbiamo bisogno di guardare gli altri negli occhi, abbiamo bisogno di questo contatto. Se si presta attenzione, si può capire tanto di una persona semplicemente osservandone lo sguardo. Sono sempre stata convinta che gli occhi tradiscano le nostre emozioni, quelle che vorremmo nascondere e non far trapelare. Gli occhi non mentono mai. Le persone non ci fanno caso, ma è anche vero che non capita spesso di guardarsi negli occhi con il solo scopo di “osservarci” l’un l’altro. Tutti sanno però, che senza contatto visivo tutto sarebbe un po’ incompleto: una discussione, una confidenza, un confronto. Se il nostro interlocutore non ci guarda negli occhi mentre parliamo, è fastidioso. Perché? Perché è vero che si sente con le orecchie, ma c’è differenza tra sentire e ascoltare. Per ascoltare veramente devo guardare negli occhi di chi mi parla, occhi che servono anche al parlante per comunicare effettivamente. Ma non sempre c’è bisogno di parole. Specialmente in momenti difficili, uno sguardo è ciò di cui abbiamo bisogno.

Capisco perché siano state realizzate nel tempo così tante opere raffiguranti proprio il volto di Cristo. Chi ha realizzato queste opere e chi le ha potute osservare cercava proprio questo: uno sguardo. E credo che la particolarità di questo sguardo, questo specifico sguardo che queste opere offrono, sia quella di accomunare tante persone. Tante persone sono passate in questi luoghi, e hanno cercato proprio quello sguardo, non uno sguardo qualsiasi, ma proprio quello. Per sentirsi amate, capite, alleggerite, per avere una più profonda connessione con Cristo, ognuna di queste persone avrà avuto le sue ragioni, ma una cosa è certa: se sono state realizzate migliaia di Veroniche, è perché migliaia di persone potessero trovarvi un aiuto, un appoggio, una consolazione.

Credo che viaggiare con lo scopo di trovare queste opere sia una esperienza diversa da quelle che si fanno di solito, ma anche molto formativa, e io l’ho vissuta anche come opportunità. Innanzitutto opportunità di arricchire il mio bagaglio culturale: prima non sapevo nulla a riguardo, non sapevo neanche cosa fosse una Veronica; ora non solo so di cosa si tratta, ma ho avuto modo di vedere dal vivo, di “toccare con mano” ciò che stavo scoprendo, senza limitarmi a semplici informazioni “astratte”. Ma non è tutto qui: è stata per me un’opportunità di vedere posti stupendi dove altrimenti non avrei mai messo piede, di scambiare parole (e sguardi!) con le persone del luogo, di osservare una cultura nuova, aprire i miei orizzonti.

Un piccolo appunto: credo che per le prossime volte, per le prossime persone che andranno a fare un’esperienza simile, sia interessante informarsi anche sul background storico dei luoghi che ospitano le Veroniche. Penso che in questo modo il tutto possa essere ancora più interessante.

Giulia B. de le.treveroniche

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