«Clio (cioè la storia) trascorre il suo tempo a cercare delle impronte, delle vane impronte, e una ebrea da nulla, la piccola Veronica, tira fuori il suo fazzoletto e sul volto di Gesù prende una impronta eterna.» Charles Peguy
Nel 2010, sono venuta a sapere dell’esistenza di un ritratto di Cristo, dipinto su entrambe le facce di un velo semitrasparente, conservato a Manoppello, in Abruzzo. Stupita di non aver mai sentito parlare di questo velo, che pretendeva avere un forte legame con gli antichi prototipi del volto di Cristo mi sono mossa per conoscerlo. Ho proposto a un’amica di scendere in Abruzzo decidendo di prenotare per una settimana, libere di tornare prima se l’immagine si fosse rivelata poco interessante.
Siamo restate tutta la settimana. Nessuna foto rende la consolante bellezza di quel viso che rispetta ogni caratteristica dei volti di Cristo ma resta imparagonabile a qualsiasi ritratto. Porta i segni della Passione: il naso disassato, le labbra gonfie e insanguinate, il colpo sulla guancia. Incontrando il suo sguardo si sperimenta cosa significa che Dio si fa specchio dell’uomo assumendo su di sé tutte le sue porcherie; mentre l’uomo, nell’incontro, riguadagna la vita. Come insegna la Chiesa che nel 1200 ha legato un’indulgenza alla recita di una preghiera davanti alla veronica (la prima indulgenza connessa a un’immagine).
La veronica, la reliquia medievale, m’incuriosiva, già nel nome che indica sia il velo conservato in San Pietro sia la donna che secondo la tradizione asciugò il volto di Gesù sulla Via del Calvario. Nel suo saggio sulla Veronica, lo storico dell’arte André Chastel afferma che della Veronica abbiamo un numero infinito di copie. Mi è sembrata un’affermazione esagerato e ho iniziato a cercarle creando – con l’aiuto di un sempre maggior numero di amici – una serie di mappe su GoogleMaps. È vero, le veroniche sono innumerevoli, disseminate in tutta Europa su ogni via di pellegrinaggio fino alla Finlandia. Non so come potrà Cristo riconquistare il cuore degli europei, ma è bello vedere come ci sia già riuscito e quanti nostri padri abbia messo in cammino per il desiderio di vedere il Suo Volto!
Chiamavamo questo studio “Il Volto perduto” – in nessuna epoca come la nostra il volto di Cristo e con lui il volto dell’uomo è stato sfigurato e svalutato -, ma un giorno ci ha colpito l’idea che in questo nostro tempo il Volto Santo non è “perduto”, ma è “trovato”. Infatti dall’impressione che suscitò la prima fotografia alla Sindone, alla soglia del XX secolo, fino alla visita di Benedetto XVI al velo di Manoppello il primo settembre del 2006, si può affermare che il volto di Cristo è ritornato ad essere visibile all’uomo.
Ma se il Volto era stato perduto da Costantinopoli durante lo Scisma d’Oriente e da Roma negli anni della Riforma Protestante, il suo “lasciarsi vedere” in questo nostro tempo ci è sembrata una promessa di consolazione e di speranza per tutti gli uomini, da qui la decisione di proporre la mostra il Volto Ritrovato al Meeting di Rimini e continuare a muoverci per farlo conoscere.
Raffaella Zardoni