Amanda Clare Murphy
In un altare laterale della cattedrale di St Patrick, in Fifth Avenue, la statua di Giuda Taddeo guarda in alto, in attesa. E’ l’apostolo che è raffigurato con il volto del Signore su una tela o sul petto. E a New York quest’anno è arrivata proprio la storia di quel ritratto miracoloso, donato da Gesù al re Abgar per guarirlo dalla lebbra.
Allestita al Meeting di Rimini, la mostra Il Volto Ritrovato – che traccia la storia legata a quattro ritratti di Cristo su velo – è stata presentata al festival culturale New York Encounter lo scorso gennaio. Ai tanti visitatori della mostra venuti da tutto il territorio degli Stati Uniti, le guide hanno raccontato con slides e video come il desiderio di vedere il volto di Dio sia stato presente nella Chiesa attraverso i secoli e come sia ancora l’oggetto della profonda nostalgia dell’uomo moderno.
Un ospite a sorpresa è stato il sindaco della città di Manoppello, Gennaro Matarazzo. Recatosi a New York in occasione dell’evento, è rimasto per tutto il weekend, ricevendo un caloroso benvenuto dai visitatori. “Non sottolineerò mai a sufficienza l’importanza che questa mostra ha per tutti noi che la visitiamo e, se mi è permesso dirlo, per tutta la Chiesa e i credenti. Continuo a ricevere messaggi dai cittadini di Manoppello che mi chiedono come è stata accolta la mostra a New York” ha detto il sindaco Matarazzo.
“Realmente commosso” da ciò che aveva visto nella mostra, il pittore Henry Artis è rimasto colpito dal fatto che “in un tempo di estremo individualismo nel quale i “volti” si fondono in una massa senza volto, siamo ancora una volta spinti dal gesto di papa Benedetto XVI a voltarci verso un “volto” preciso, il volto di colui che amiamo.” Ciò che ha colpito il pittore è stato anche rendersi conto che “Cristo voglia vedere ed essere visto”, un tratto che attesta quanto la sua umanità sia veramente umana. Questa caratteristica” sottolinea Artis “è estremamente importante, perché il desiderio di “essere visto”, di essere riconosciuto dalla persona che amo è uno dei due bisogni profondamente radicati che ho. Un secondo aspetto è che io voglio vedere colui che mi guarda per vedere di che tipo di sguardo si tratti. Infatti, l’aspetto che hanno gli occhi della persona che amo mentre mi guarda mi dice tutto.”
“Io sono un anello in una catena, un nesso tra le persone” dice Rose, citando Newman. Rose ha coordinato le guide della mostra che si sono preparate anche tramite conference call con la curatrice italiana, Raffaella Zardoni. Riflettendo sull’esperienza, Rose si chiede “qual è lo scopo di mettere delle persone al tavolo davanti alla sala della mostra piuttosto che sistemare una pila di brochure? Perché la mostra viene presentata da una persona, invece di essere soltanto un video? Per che cosa tutte le guide si sono sforzate di imparare le informazioni e di stare in piedi davanti alla gente, parlando magari troppo veloce o troppo lento, rischiando di dimenticare per l’agitazione le cose imparate? Deve essere perché c’è un nesso tra il Suo volto e il volto del volontario. Deve essere perché non c’è modo di veicolare la bellezza dell’informazione, della ricerca, di questa realtà del velo di Manoppello e la storia della nostra nostalgia per il volto di Dio, senza la presenza di un volto personale”.
Pagina di foto della mostra “The Face of Jesus: From that Gaze, the Human Person” al New York Encounter.